Ricordi e... amicizie
di Franco Maccioni

 

Era una calda domenica d’agosto.
Francesco non sapeva proprio cosa fare.
Restare a casa per terminare la relazione di un piccolo progetto che aveva iniziato qualche giorno prima, oppure farsi un bel giro per il paese! D’altronde il lavoro che doveva finire poteva aspettare.
Era un fine settimana, libero da impegni d’ufficio Francesco meritava un giusto riposo e un po’ di svago.
Decise. Inforcò la bici che teneva sotto una piccola tettoia dietro casa e di scatto, forse imitando qualche celebre corridore, si diresse verso l’uscita fischiettando e pedalando con lena.
Aveva lasciato dal meccanico la sua macchina, una vecchia 500/R del 1972, per un guasto al carburatore e per altri piccoli ma necessari controlli.
- Roba da niente - disse il suo meccanico - vedrai che la macchina ti farà percorrere altri 100.000 chilometri.
Certamente Luigi scherzava. Di chilometri la macchina ne aveva fatti almeno 300.000.
Tutti in paese lo chiamavano Luigi anche se il suo vero nome era alquanto strano; si chiamava Hermes. Non piaceva neppure a lui questo nome, ma era il suo e certo non poteva cambiarlo, pur volendolo diverso. Con Luigi, Francesco aveva fatto il soldato; il CAR a Pistoia. Il servizio durò circa un mese. Poi furono divisi. Francesco fu mandato a Padova dove fu assegnato all’Ufficio Maggiorità presso il XXXII Reggimento Fanteria - Caserma “Pierobon” a Padova , mentre Luigi fu mandato a Roma presso l’Ospedale Militare “Celio”. Non si erano più rivisti.
Un giorno di circa 10 anni fa, Francesco rientrava da Roma per lavoro. Era stanco e accaldato.
Quell’anno il mese d'Agosto prometteva bene; la colonnina di mercurio era salita a ben 38°. Così prima di salire a casa entrò al bar “Nicolino”.
- Ma, ma… tu sei Luigi - disse Francesco con un'espressione sorpresa e con voce calma, con la tazzina del caffè bloccata vicino alle labbra.
- Sì - gli rispose - Hermes Campus è il mio nome e cognome…diciamo che sono Luigi Campus.
Ci fu un lungo e commosso abbraccio. Non poteva credere ai suoi occhi. La sorpresa era grande che rimase per un attimo come impietrito!
- Ricordi - continuò Francesco riprendendosi - il servizio militare iniziato a Pistoia nel periodo dell’alluvione di Firenze? Spesso sempre svegli e
di turno per portare aiuto alla popolazione!
-Certo, lo ricordo molto bene - gli rispose, anche lui felice della sorpresa.
Ma si vedeva che era piacevolmente contento. Era un’amicizia nata al CAR, nella vita militare.
Uscivano spesso e si divertivano pure insieme.
-Che fai adesso Luigi? - gli domandò tutto d’un fiato.
Voleva sentirlo parlare. La sua voce era potente e squillante. Forse doveva fare il cantante d’Opera. Qualche volta s'intratteneva, in camerata, con altri commilitoni, cantando canzoni liriche e canzonette napoletane.
L’officina meccanica, lasciatagli da un lontano parente, era diventata fonte di reddito. Il lavoro andava bene e spesso si vedevano e organizzavamo delle feste. Frattanto Luigi aveva stretto amicizia con un altro paesano, un certo Flavio, grande amico anche di Francesco. Questo giovane aveva lavorato per parecchio tempo all’estero, in Ger-
mania e Inghilterra come cuoco
Poi, rientrato in paese cercava una sistemazione definitiva con una propria attività senza dipendere da nessuno. Era disposto, si diceva, a cercare un socio. L’amicizia con Flavio quindi poteva essere provvidenziale, anche perché oltre all’officina Luigi possedeva una grande costruzione in campagna. Era un luogo meraviglioso, pieno d' alberi secolari e distese di macchia mediterranea e tutto il paesaggio intorno era un inno alla natura. Il fiume vicino completava l’opera proprio come un angolo di paradiso. Il sogno dei due giovani era di mettere su un Agriturismo e senz’altro sarebbero riusciti nel loro intento forti della loro voglia di lavorare. Luigi si trovava in una situazione più facile e sicura, anche perché il reddito di lavoro dell’officina gli dava la possibilità di iniziare la ristrutturazione già da subito. Inoltre le rispettive fidanzate erano molto amiche e queste amicizie tornavano utili per il
loro futuro da imprenditori. Anche loro aiutavano i rispettivi uomini in tutte quelle attività cui si richiede l’intuito femminile e una certa grazia anche nell’arredamento. Così , dopo un anno d'intenso lavoro, cercando di mettere da parte tutto il possibile, il sogno di questi amici finalmente si realizzò. Avevano completato l’Agriturismo “De sos cantaros ”. L’avevano chiamato così forse perché tutto intorno era ricco di ruscelli. Sembrava un sogno che questo meraviglioso angolo di paradiso potesse tornare a vivere. Era sempre pieno di turisti provenienti da ogni parte del mondo. Molti s'intrattenevano a pranzo altri invece pernottavano per giorni e giorni.
La vita all’aria aperta era un toccasana contro certe malattie ed era favorevole anche per lo spirito. Francesco andava spesso a far loro visita, trattenendosi qualche volta a pranzo. Una cosa era certa, avevano vinto anche sulla diffidenza e l’indifferenza di tanti in paese. I paesani non credevano che sarebbero riusciti così serenamente e tranquillamente a portare avanti il loro progetto. Sono passati parecchi anni dall’inizio di quell’attività. Tra l’altro ha dato loro la possibilità di mandare avanti una famiglia, crescere dei figli e dare la certezza ad altre persone di lavorare. Nell’agriturismo lavorano circa venti giovani tra ragazzi e ragazze tutte residenti nel paese. Diciamo che si sono realizzati.
Certamente il sacrificio stava dando i suoi frutti. Francesco incontra spesso Luigi e Flavio insieme, qualche volta in paese, quando scendono per fare acquisti particolari o ritirare della merce urgente. Si prendono il caffè al bar “Nicolino” e tra una sigaretta e l’altra parlano del lavoro e delle sue difficoltà. L’officina ormai Luigi l’aveva lasciata ad un cugino suo ex dipendente. Un giorno, Francesco, mentre ritorna a casa gli si avvicinò Luigi di corsa per ripararsi dalla pioggia sotto il suo grande ombrello dicendo:
-Beh, il carburatore della tua macchina va sempre bene?
-Mah, spero di sì - rispose Francesco - anche perché non ho più notizie di quella macchina. Ora ne ho un’altra, un Diesel 1700. E’ un’ Opel Corsa e va benissimo…figurati sono andato a ritirarla proprio ieri!

 

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