Maria pelle di luna
de Antonio Rossi

 

Maria pelle di luna che mi donavi usignoli all’imbrunire,
che mi facevi entrare cantando nel grembo di una tigre,
che mi donavi l’acqua dei tulipani rossi,
Maria pelle di luna che mi donavi usignoli all’imbrunire.

Maria pelle di luna che camminavi scalza senza piedi,
che mi facevi inchini sontuosi e principeschi,
che mi donavi giochi di bimbi arcobaleno,
Maria pelle di luna che camminavi scalza senza piedi.

Maria pelle di luna che ti perdevi nel mistero di sogni senza fine,
che volavi felice con rondini bagnate di rugiada,
che rincorrevi il vento nel mare delle rose,
Maria pelle di luna che ti perdevi nel mistero di sogni senza fine.

Maria celeste aquila di cieli luminosi,
candidamente persa in treni di violette,
sperduta fra i deserti sommersi di scorpioni,
Maria celeste aquila di cieli luminosi.

Maria celeste amore che avevi i seni d’oro
e scaglie di bionde sirene supplicanti,
che intenerivi l’anima di un gatto un po’ turchese,
Maria celeste amore che avevi i seni d’oro.

E quando venne il tempo della neve
salisti sopra il carro delle stelle
e poi spargesti petali di bocche di leone
nell’universo immenso che era sempre bianco.

E il bianco dell’aurora ti prese come sposa,
ti cinse di rubini e di ali di farfalle,
ti raccontò la fiaba del coccodrillo giallo
e un gallo di corallo ti porse un ippocampo.

E quando venne il tempo dei ricordi
entrasti lievemente nella nebbia,
Maria celeste aquila di cieli luminosi,
Maria che poi rubasti le stelle di Natale.

Maria pelle di luna nell’universo stanco.

Che era sempre bianco.

Che era sempre immenso.