La bambola (per dire dell’Olocausto)
di Mirella De Cortes

Più non conto rughe ed anni alla mia età
mi sorprendo a rincorrere i ricordi…
c’è un cancello, ci son muri alti e grigi,
ci son stanze che trasudano di pianto
poi c’è il freddo, c’è la fame, c’è il dolore.
Non ricordo di aver visto cieli azzurri
e né lucciole e né fiori a primavera
solo fumo e vapori scuri e acri
e poi corpi dileguati per incanto.
Ma su tutto,
ciò che più mi resta in cuore,
sono i visi spaventati dei bambini
senza conte e filastrocche, senza sogni,
con i giochi ormai scordati e tanta fame.
Dentro il libro un po’ ingiallito dei ricordi
ho nascosto il visetto di una bimba
che chiedeva sottovoce e con timore
dove fosse la sua bambola di pezza.
Poi d’un tratto, non la vidi fra i bambini,
e di lei non seppi niente ma son certa
che è felice
e che ora, in qualche angolo del cielo,
non ha fame, non ha freddo e né dolore,
ora gioca a fare il gioco della mamma
con la bambola di pezza stretta al cuore.