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Come una stella
morta
de Antonio Rossi
Un’angelica farfalla finì nella rete di un pescatore
di sogni
quando tu eri volata verso il mondo delle ciliegie sfolgoranti,
ti avevo seguito in silenzio lungo la scia delle comete malinconiche,
ti avevo raggiunto e accarezzato le mani, ma tu non mi guardavi.
Eri come una stella morta, come il triste sfiorire di una rosa,
eri una luce ingrata, un uccello ferito, eri la mia sepolta anima,
eri persa come tante lucertole quando viene l’eclissi inaspettata,
eri persa come una dolce fata che ha visto tanti principi morire.
E allora piansi come un’allodola di cardo smarrita, ma non
avevo lacrime,
avevo solo il vento come amico e al vento mi affidai per nuove primavere,
e allora ti raggiunsi ancora, sospinto da una forza che mi teneva
in vita,
che disperdeva petali nel cielo, che m’iniettava sangue nelle
vene, che liberava te.
Che liberava te dalle catene, da quella morsa ingrata della morte,
che ti teneva stretta, che ti sfiorava il seno con piume vellutate
di colombe,
che ti portava nei fondali verdi di una mare limpidissimo d’amore,
che ti portava al largo delle tenebre, che mi mostrava il tuo sorriso
dolce.
Che mi mostrava il tuo castello d’oro ricolmo di antichissime
chitarre,
dal suono melodioso ed ammaliante, ricolmo di poeti e cantastorie,
dal canto affascinante, di falchi bianco sale, dal volto di cinghiale,
di ancelle giallo ocra, cucite nella bocca, di strane pavoncelle addormentate.
E allora piansi perché pensai ad un sogno, patetico e ingannevole
di morte,
ma non avevo lacrime, avevo solo il vento come amico e in vento mi
mutai,
perdutamente vento io divenni, perdutamente vivo, perdutamente avido
di te
e allora ti raggiunsi in fondo al mare dai fondali verdi, ma tu sembravi
un’ombra.
Un’ombra ormai sposata con la morte, un’ombra ammutolita
dentro l’alba,
una conchiglia nera in campo bianco, un ragno dalle lunghe zampe corte,
sposata con la morte, sposata con un tempo di dolore, sposata con
il demone del male,
un’ombra che svanisce lentamente, un’ombra che appartiene
alla mia vita.
E allora piansi come un’allodola di cardo smarrita, ma non
avevo lacrime.
Il vento era svanito e allora mi mutai in una farfalla.
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