|   INCAPACI DI DISTINGUERE(condividendo 
        l’opinione di Rosalba Satta Ceriale)
 Si è vero, siamo incapaci 
        di distinguere. Siamo incapaci volutamente di distinguere. Sopravviviamo 
        a quel mandato-delega in bianco che abbiamo firmato qualche decennio fa, 
        quando ci si è stancati di lottare per ogni rinnovamento. Abbiamo 
        creduto che il rinnovamento ce lo potessero recapitare a casa, servito 
        in un piatto d’argento. Da allora abbiamo nascosto al testa sotto 
        la sabbia, ci siamo girati dall’altra parte evitando con accuratezza 
        di guardare alle cose che avvenivano. Siamo passati sopra, senza battere 
        ciglio, a mille occasioni e fatti che qualche anno addietro ci avrebbero 
        fatto inorridire, non abbiamo speso una parola contro, non abbiamo alzato 
        un dito.Abbiamo sperato che la nostra “Democrazia” si rigenerasse 
        da sola, come se fosse un processo ormai avviato e portato a compimento, 
        stabilizzato.
 Invece, in quello stesso momento, come fa un rivolo d’acqua che 
        corre sotto il terreno svuotandolo, cominciava a formarsi una voragine, 
        tanto grande quanto invisibile. La nostra percezione dei fatti aveva l’alibi 
        della costante anestetizzazione dei mass-media e dell’incanto delle 
        bordature di rosso dei felici quadretti progressisti.
 Qui, appresso come tante pecorelle (la citazione di Dante mi pare superflua), 
        ci siamo vestiti, come in certi paesi poco liberi, tutti con lo stesso 
        vestito, griffato, ma uguale per tutti; uomini d’immagine, ma senz’anima 
        che continuano a nascondere le idee, spesso privati anche dei sentimenti, 
        miseramente persi tra le righe delle brutte pagine scritte dai talk show.
 Ci hanno persino riscritto la storia moderna convincendoci che, tutto 
        sommato, la resistenza è stata uguale per tutti, anzi è 
        stata più uguale per chi combatteva contro. Gli intellettuali di 
        oggi che dettano l’agenda sono, come i politici, sempre quelli di 
        30-40 anni fa, sempre gli stessi, riciclati e ossequiosi a qualsiasi cambiamento.
 Oggi il terreno ci frana sotto i piedi, siamo forse alla vigilia di una 
        crisi economica mondiale e questo spauracchio, per altro più volte 
        agitato per stringere la morsa durante i conflitti sociali, ci mantiene 
        nell’immobilità più completa.
 Credo che abbiamo toccato il fondo…
 Ma questo non è un buon motivo per ripartire?
 Forse, magari, si può ricominciare dalla Televisione con Benigni 
        che legge Dante o Neri Marcorè “Per un pugno di libri”oppure 
        Corrado Augias “Le storie diario italiano”, l’importante 
        è smuovere le coscienze, riportare la persona al centro del dibattito, 
        sconfiggere il muro dell’indifferenza che ci circonda. Pensare che 
        innanzitutto dobbiamo essere noi a ricominciare e riappropriarci di quello 
        che ci è stato sottratto: la libertà di poter determinare 
        il nostro futuro.
 22-01-2008 |