|   Analisi di «Chena 
        Fili» 
        di Giacomo Murrighili.  
       
      Analisi della poesia “Chena 
        fili”della poetessa Maria Teresa Inzaina  
      Testo: 
       Chena fìli. 
        C’è / cal’ama / l’alturi / sulteri dispriziendi 
        / li tímidi resi in pianura. / Ma la ’íta di ghjúgna 
        dí /no è vita di mancu. / Li cosi minóri / no mi 
        sminurichígghjani: / l’ànima / no ha fili / a impidinni 
        lu bólu. / Basta / un suspiru, /una mirata un bàttimu, / 
        un sonu, una paràula, / lu silélziu, / un’abbalta 
        di célu, / lu filu d’una lúci / chi l’orizzonti 
        / tuttinnuna svélia, / l’alzassi licéri / di lu ’entu 
        / pal falli pigghjà, / frimenti, / l’àli.  
         
        Analisi del testo: 
       Spett. Maria Teresa, 
        ho letto la silloge delle tue 35 poesie. Mi sarebbe piaciuto fare, se 
        ne fossi in grado, una analisi della intera raccolta. Tu conosci bene 
        lo stato della mia salute e quanto laboriosa e attenta dovrebbe essere 
        l’analisi di un’opera in versi liberi. Pertanto, benché 
        nell’intera raccolta vi abbia trovato gradevoli elementi degni di 
        essere messi in rilievo, mi limiterò a fare un’attenta e 
        scrupolosa lettura della prima poesia, «Chena fili». In essa 
        e in tante altre vi trovo i seguenti elementi di formali: I) Forma e contenuto; 
        II) strutture subliminari; III) forma interna. IV L’interrelazione 
        tra forma e contenuto rispecchia le correspondances di Baudelaire, basate 
        sull’aspetto fono-cromatico delle vocali. L’aspetto fonematico 
        è fisiologico, naturale, perché legato alla funzione degli 
        organi fonatori. Difatti la a è la vocale più aperta, dipende 
        dalla massima apertura della bocca nell’atto della pronuncia; la 
        è è semi aperta; la é è semichiusa ; la ò 
        è semiaperta; la óè semichiusa; la í ha un 
        suono chiuso acuto; la úè il segno fonico più chiuso. 
        Sull’aspetto cromatico la relativa simbologia è convenzionale. 
        Infatti un suono è invisibile, pertanto non può avere alcun 
        colore. Bodelaire, però, il colore nelle parole ce lo vedeva, penso 
        di natura semantica. Vediamo come. Le seguenti parole: chiàra, 
        làmpo, làmpada, lampàra stellàre e altre, 
        tutte con l’accento tonico e fonico sulla à danno la sensazione, 
        semanticamente, di qualcosa che va dal blando al solare. Anche Leopardi 
        nel settimo verso di La quiete dopo la tempesta: «e ch iàro 
        nella v àlle il fiùme app àre»: 3 volte la 
        à e una volta la ú. È un fatto importante. Infatti 
        al significato delle parole si aggiunge e si allea quello dei suoni e 
        dei colori. Siccome la a suggerisce chiarezza e la u è oscura, 
        cupa, buia. non è per caso e soltanto per convenzione che il poeta 
        vedesse un paesaggio tutto chiaro e un tratto scuro, il fiume. Questo 
        dopo la tempesta, mentre il sole spande la sua luce e rischiara l’ampio 
        paesaggio tranne il fiume che dopo la tempesta è chiaro che non 
        era chiaro, passatemi il bisticcio, perché è in piena, quindi 
        torbido e buio. Mentre per Rimbaud la scala cromatica delle voyelles è 
        la seguente: A noir, E blanc, I rouge, O bleu, U vert. Vedi da pagina 
        31 a 35 del mio libro Poesia e Poesie, inclusi commenti su versi distici 
        di G . Botta. Ora una attenta lettura di «Chena fili». Analizziamo 
        i versi presi per gruppi. C’è cal’ àma la à 
        è candida per semantema; è brillante l’à per 
        il suddetto simbolismo; è ancora più solare per struttura 
        subliminare e per epentesi; pure mediante epentesi ama diventa à 
        nima per l’inserzione della sillaba ni. Leopardi con l’anagramma 
        di salivi, ultima parola della prima strofa di A SILVIA, la trasformò 
        in Silvia, prima parola della stessa strofa. Osserviamo il resto del primo 
        periodo e i due successivi. È un alternarsi di armonia imitativa, 
        d’allitterazioni e pennellate di chiaroscuro, di luci ed ombre che 
        bene s’intonano alle note e agli accordi dell’intera romanza. 
        Alturi, sulterie pianura e il glissando delle sdrucciole sminurichìgghjani, 
        bàttimu, paràula, silénziu e svélia , rispettivamente 
        i versi 10. mo, 15. mo, 16. mo, 17. mo e 21. mo. Di qui in avanti è 
        tutta una fuga, sempre intesa in termini musicali, fino alla fine. È 
        tutto un concatenarsi di figure pregnanti, di ritmo incalzante e armonioso. 
        L’ànima , smascherata, è una sdrucciola e si collega 
        tutte le altre sdrucciole per glissando e cal’ama trasformata in 
        anima per epentesi.. Celu diventa luce per traslato: perfetto anagramma 
        l’uno dell’altra. Orizzonte, fíli e lu bólu 
        sono un parallelismo fonico che deriva dalle allitterazioni. 
        Il resto delle poesie le ho trovate tutte allo stesso livello stilistico 
        e molte artisticamente più raffinate. 
       Enas, 09 maggio 2010 
       
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