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   ////////////////////////////  Su Antonio Gramsci un 
        libro postumo di Franco Fergnani  //////////////////////////////  Mi 
        sono laureato nell’Università Statale di Milano con una tesi 
        su “La ricezione del pensiero e dell’opera di Antonio Gramsci 
        in Francia”. Relatore della tesi fu il prof. Franco Fergnani, docente 
        di Filosofia morale, uno dei pochi professori che agli inizi degli anni 
        Settanta, nell’Università milanese, si occupavano di Gramsci 
        “filosofo” sull’onda degli studi che in materia erano 
        stati pubblicati in Francia. È da dire infatti che, sia nel corso degli anni 1968 e 1969 – 
        cioè nel biennio delle più vigorose battaglie studentesche 
        e operaie –, sia nei primi anni Settanta, la figura e l’opera 
        di Gramsci occupavano una dimensione indubbiamente marginale nel quadro 
        dei riferimenti ideologici di quei movimenti di massa, di quelle “masse 
        popolari” (peraltro gli stessi che usavano questa espressione, “masse 
        popolari”, per intendere un superamento-ampliamento del concetto 
        rigorosamente marxiano di proletariato, pensavano che avesse una derivazione 
        da Stalin non dalla concezione – antistalinistica, storicamente 
        e ideologicamente – di Gramsci!).
 Nello specifico, nell’ambito del movimento studentesco della Statale, 
        l’ala non stalinista “Gruppo Gramsci”, guidato da Pasquale 
        (Popi ) Saracino, era sicuramente minoritaria.
 Per la verità c’era un altro filosofo, docente di Filosofia 
        teoretica, che nella stessa Università dimostrava interesse alle 
        posizioni “filosofiche” di Gramsci: mi riferisco a Enzo Paci, 
        che aveva citato Gramsci nella prefazione alla traduzione italiana dell’importante 
        volume di Edmund Husserl “La crisi delle scienze europee e la fenomenologia 
        trascendentale: introduzione alla filosofia fenomenologica” (a cura 
        di W. Biemel; avvertenza e prefazione di Enzo Paci; trad. di Enrico Filippini, 
        Il Saggiatore, 1972), e che del pensiero di Gramsci si occupava nelle 
        lezioni su “La crisi delle scienze europee di Edmund Husserl” 
        (si vedano gli appunti dalle lezioni del prof. Enzo Paci; a cura di F. 
        Mucciarelli, Milano, Cuem, 1973).
 In generale, però, in Italia non si registrarono nella seconda 
        metà degli anni Sessanta e negli anni Settanta dibattiti su Gramsci 
        “filosofo” (anni 1965-1968) e su Gramsci politico (1969-1975) 
        paragonabili a quelli che ebbero luogo in Francia in questi due archi 
        temporali.
 Nel campo della riflessione filosofica basta citare i due testi di Louis 
        Althusser Per Marx (1965; traduzione italiana 1974) e Leggere “Il 
        Capitale”, (1965; traduzione italiana 1976), che per così 
        dire “fondano” quella ricerca teo¬rica marxista di cui 
        lo stesso Althusser, nella prefazione a Per Marx, aveva lamentato la “tenace 
        assenza” in Francia. Al di là delle critiche allo “storicismo 
        assoluto” gramsciano, Althusser riconosce la “genialità” 
        di Gramsci nell’analisi delle sovrastrutture (gli apparati ideologici, 
        politici, culturali, ideali, morali che possono assicurare l’egemonia 
        nella vita della società e che sono altrettanto importanti che 
        la “struttura” economica di base). Gramsci viene ad essere 
        considerato (anche da uno che si chiamava François Mitterrand) 
        come il dirigente politico e teorico della politica che ha elaborato la 
        strategia della pacifica rivoluzione socialista in Occidente. Nel campo 
        della teorizzazione politica, dopo il maggio 1968, Roger Garaudy, membro 
        del Comitato Centrale e del¬l'Ufficio Politico del Partito Comunista 
        Francese , in tema di alleanze della classe operaia, propose l'organizzazione 
        di un nuovo “blocco storico”, concetto di palese origine gram¬sciana. 
        (Nota d’obbligo: oggi non posso che pronunciare con nausea il nome 
        di Roger Garaudy, dato che addirittura è passato al fronte dei 
        “negazionisti”, cioè di coloro che negano che siano 
        esistiti i campi di sterminio nazisti e le camere a gas…).
 Fergnani tenne il suo corso su “La filosofia della prassi nei Quaderni 
        del carcere di Gramsci” nell’anno accademico 1975-1976. La 
        spinta decisiva per quel ciclo di lezioni fu sicuramente data dalla prima 
        edizione critica dei Quaderni gramsciani, a cura di Valentino Gerratana 
        (Einaudi, 1975).
 In cinque densi capitoli Fergnani illustra e discute l’analisi di 
        Gramsci riguardo a concetti quali “ideologia”, “blocco 
        storico”, “concezione soggettivistica della realtà”, 
        “prassi e tecno-prassi” “la dialettica nella storia”. 
        Queste lezioni di Fergnani furono pubblicate dalla Cuem nel 1976 e sono 
        state riprese recentemente, a cura di due suoi “antichi” allievi, 
        Amedeo Vigorelli e Marzio Zanantoni, per le Edizioni Unicopli di Milano 
        (pagine 90). Nella premessa i curatori scrivono: “I Quaderni sono 
        fatti liberamente dialogare con le posizioni del marxismo occidentale, 
        al di fuori di qualsiasi preoccupazione di ortodossia (sia nella versione 
        storicistica di Palmiro Togliatti sia nella versione antistoricistica 
        di Galvano della Volpe). Ai Quaderni gramsciani Fergnani si rivolgeva 
        come ad un classico della letteratura filosofica europea di cui era recente 
        la riscoperta (in particolare in Francia)”.
 Fergnani, nato a Milano il 25 ottobre 1927, era figlio di Elda Magnoni 
        e dell' avvocato Enea, antifascista (questi fu preso dalle SS, portato 
        a San Vittore, poi nel campo di transito a Fossoli, destinazione Mauthausen, 
        da cui riuscì miracolosamente a salvarsi). Franco aderì 
        giovanissimo alla lotta partigiana. Nel dopoguerra, terminati gli studi 
        si laureò nel 1953, allievo di Antonio Banfi, con una tesi sul 
        marxismo. Iniziò la carriera universitaria in Statale come assistente 
        volontario fino a diventare professore di Filosofia morale.
 Ha scritto in suo ricordo Franco Manzoni (“Corriere della Sera” 
        del 19 gennaio 2010): “Fergnani, uomo riservato di straordinaria 
        cultura e sensibilità, tutto immerso nel suo mondo di studi e letture, 
        fuori dagli schemi, indimenticabile per tutti gli studenti che hanno seguito 
        le affollatissime lezioni su Marx, Pascal, Montaigne, Heidegger, Jaspers. 
        E soprattutto Sartre, di cui era considerato uno dei più profondi 
        esegeti. Condusse sempre una vita molto appartata, mostrando disinteresse 
        verso denaro, profitto, fama. Sempre disponibile verso gli allievi e i 
        suoi collaboratori più stretti, lasciò l' insegnamento nel 
        2000 e si dedicò fino all' ultimo allo studio dell’opera 
        di Sartre”.
 Nota finale. Questo mio scritto vuole essere un omaggio riverente alla 
        memoria del “mio” prof. Fergnani a 85 anni dalla nascita e 
        un invito a leggere queste sue lezioni su Gramsci. La mia tesi sulla ricezione 
        di Gramsci in Francia nacque naturalmente, sulla base di un interesse 
        non epidermico per le teorizzazioni filosofiche e politiche del Grande 
        Corregionale Sardo, per il desiderio di studiare le motivazioni che Oltralpe 
        le avevano portato al “successo”, addirittura al dibattito 
        politico corrente. Da sardo, all’inizio del 2012, ricordo inoltre 
        che il 22 gennaio ricorre il 121° anniversario della nascita di Gramsci 
        (Ales, 22 gennaio 1891), e il 27 aprile il 75° anniversario della 
        sua morte come martire antifascista (Roma, 27 aprile 1937).
 (13-01-2012)
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