La mia gattina
di Edward Sgubj

La mia gattina era una randagia
tutta nera e con una stella bianca in fronte.
La trovai che stava miagolando alla mia porta
e non si lasciava avvicinare da nessuno.

Ed io pensai che un istinto
o un angelo amoroso ti portavano
qui a me, gattina. Tu potevi
andare alla casa di Giulio il farmacista
che è molto più bella della mia,
oppure al negozio di Franco il macellaio
che è proprio qui a due passi;
ma mi venisti a miagolare sulla porta.

-Se resti qui da me, io potrò darti
un po' di pane e latte e due carezze
quando alla sera mi verrai sulle ginocchia.
Ti chiamerò col nome di una donna
bellissima che amai teneramente.
Staremo bene insieme, ti prometto;
noi siamo due randagi abbandonati.

Quando torno a casa dal lavoro
la mia gattina mi viene sempre incontro
e si comporta come fosse la padrona.
Mi saluta strusciandomi le scarpe
e poi mi precede alla cucina
dove consumiamo il nostro pasto,
l'uno di fronte all'altra, e ci parliamo.
E lei, ne sono cero, mi capisce
quando sono allegro o sono triste
o quando sono stanco della vita.

Se vado a coricarmi, la gattina
mi salta sul cuscino
e mi dà l'ultima strusciata sulla faccia;
è il suo modo di dirmi buonanotte
o di scacciarmi i fantasmi dalla testa.

Io vorrei dormire un greve sonno
per dimenticare la tristezza
che mi assale sempre a una certa ora;
ma tu hai occupato la mia mente,
vedo nel sogno il tuo sorriso
e mi sembra di udire ancora la tua voce.
O quanto, amore mio, mi sei lontana!

Vorrei accarezzare i tuoi capelli e invece
accarezzo la dolcissima gattina,
che tanto ti somiglia
ed ha il tuo stesso nome, Nadia.

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