Pasquale Dessanay

NUORO, 1868 - URAS, 1919
Nato a Nuoro da una famiglia originaria di Laconi che nel XVIII secolo aveva ottenuto la concessione per coltivare il tabacco, Pasquale Dessanay qui compie gli studi ginnasiali e normali, ma non li conclude perché costretto a trovarsi un impiego: lavorerà prima presso la Cancelleria del Tribunale, e poi presso l’Ufficio del Registro. La sua vocazione letteraria, tuttavia, troverà presto sbocco nella pubblicazione di componimenti poetici, prima in volume e successivamente su riviste, andando incontro, negli anni, a un’evoluzione tanto tematica quanto espressiva che lo studioso Giancarlo Porcu ha definito un vero e proprio “trilinguismo”, fatto di passaggi progressivi dalla Lingua sarda logudorese “illustre” (intesa come koinè sovraregionale) alla Lingua italiana e poi al dialetto nuorese – variante alla quale appartengono i versi più noti dell’autore.

L’esordio poetico di Dessanay è piuttosto precoce: ha ventidue anni quando nel 1890 esce la sua prima raccolta di liriche tradizionali nella variante logudorese intitolata Neulas (Nebbie), stampata dall’intraprendente tipografo e editore nuorese Gaetano Mereu Canu. La pubblicazione di questo canzoniere amoroso, fatta di concerto con il poeta bittese Amico Cimino e intesa come tributo a una poesia vicina alle atmosfere dell’Arcadia, sarà dedicata al poeta di Bonorva Paolo Mossa. Dopo questa occasione editoriale giovanile, Dessanay non pubblicò più raccolte dei suoi componimenti: negli anni a venire li affidò talvolta alle pagine di riviste isolane – come “Stella di Sardegna” e “Vita Sarda”, dirette rispettivamente da Enrico Costa e Antonio Scano – palesando affinità e debiti nei confronti di autori come Carducci e Stecchetti; per il resto, e specie per la produzione in vernacolo, condannò i suoi versi a un’oralità che solo dopo l’iniziativa di Gonario Pinna, nel 1969, è stata nuovamente riversata nelle pagine della Antologia dei poeti dialettali nuoresi.

Non c’è dubbio, tuttavia, che sia proprio questa ultima maniera, progressivamente libera da stilemi arcadici e da richiami alla lirica italiana più importante, a consacrare Dessanay come il poeta della scapigliatura e del realismo nuorese, critico spietato del malcostume civile, ecclesiastico e amministrativo locale, e dunque, di contro, sostenitore e difensore appassionato delle fasce sociali più povere, deboli e impotenti. Nella svolta verso il quotidiano e verso il mondo popolare degli ultimi – descritto con un atteggiamento che talora ricorda quello del pittore Antonio Ballero nella sua fase più etnografa e realista – lo scrittore scandaglia la realtà assumendo il punto di vista degli umili, che diventa la base per una efficace satira di costume, innervata di feroce ironia e soprattutto di strisciante anticlericalismo; lo stesso che, già nel poemetto Sa morte de Pettenaiu (La morte di Pettenaiu), contenuto nei Canti plebei, aveva trovato nella figura di Foddaiu l’esempio emblematico dell’ecclesiastico avido e venale, decisamente estraneo alle generosità e alla misericordia più consone al ruolo. In questi bozzetti popolari, nati dalla coscienza tragica della durezza della vita del tempo ma delineati con il gusto dello sberleffo e del sarcasmo, si palesa la personalità del poeta, che non risparmia mai istituzioni, fasce sociali e personaggi altrimenti soggetti a un compassato e diffuso timore reverenziale.

Spirito eccentrico – pare che partecipasse a concorsi di uncinetto sotto falso nome, essendo questa attività un’ovvia prerogativa femminile – Dessanay era nondimeno in rapporti di amicizia e stima con importanti animatori della vita culturale della Nuoro della Belle Époque. Dopo la pubblicazione di Neulas nel 1890, si era difatti dedicato alla stesura in lingua italiana del libretto per l’opera lirica Rossella, tratta dal romanzo Don Zua di Antonio Ballero, di concerto con il musicista Priamo Gallisay che ne avrebbe firmato le partiture; un esperimento tutto sommato fallimentare, dato che, dopo il debutto del 2 ottobre 1897 al Teatro Sociale di Varese, venne sostanzialmente ignorato dalla critica ufficiale. A confermare esplicitamente i rapporti con il pittore resta ad ogni modo il sonetto Cherrende. Quadru de Antoni Ballero (Setacciando. Quadro di Antonio Ballero), nel quale il poeta, dando voce a un disegno giovanile dell’artista in cui una donna divide la farina dalla crusca, ne descrive l’abbandono e lo stato quasi ipnotico indotto dalla dolcezza rituale dei movimenti – salvo poi richiamarla all’ordine alla fine dell’ultima strofa.

Contrario al governo di Crispi, affascinato dalle figure eroiche di Mazzini e Garibaldi, di fede repubblicana e socialista e, secondo alcune testimonianze, non indifferente a simpatie anarchiche, Dessanay scontò anche alcuni mesi di carcere con l’accusa di apologia di regicidio: dopo l’assassinio di Re Umberto pare che avesse vergato sul marmo di un tavolino da caffè alcuni versi compromettenti, che esprimevano soddisfazione e compiacimento per l’accaduto. Anche la fine della sua vita risentì di alcune sgradevoli controversie: ricattato da alcuni fuorilegge, fu costretto ad allontanarsi da Nuoro e a riparare nell’Oristanese, prima a Terralba (dove lavorò come patrocinatore legale) e poi a Uras, dove morì poco più che cinquantenne. Una decesso “in esilio”, dunque, per il poeta Dessanay, che per primo aveva utilizzato il dialetto della sua cittadina per cantarne con tanto disincanto la più familiare quotidianità. (distrettoculturaledelnuorese)

  1. Abbandonu
  2. Àmami
  3. Ammentu
  4. A Chillina
  5. Sos Campanones de Santa Maria

CONTOS

COSTANTINO LONGU    FRANCESCHINO SATTA    POESIE IN LINGUA ITALIANA

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