L'Opinione
di Giacomo Murrighili

Religione, leggenda, storia e politica

Quell’io che tra sonno e veglia visse nel buio e pianse nel veder la luce... Potrebbe sembrare l’incipit di un’autobiografia. Riguarda, invece, un’antica credenza di vecchie levatrici. Queste attribuivano il pianto del nascituro, passando dal buio alla luce, un istintivo segno di fede. La ‘mastra di paltu, come veniva chiamata in gallurese, quando la creatura nasceva piangendo, di solito quasi tutte, si segnava e segnava il neonato sulla fronte. Seguiva un cerimoniale di gioia e di buono auspicio. Contemporaneamente ai due segni di croce con una gocciolina di saliva tra la punta della lingua e le labbra appena socchiuse e un pthu che sapeva di sputo non espulso, di scongiuro, di superstizione e di fede insieme. Pronunciava le seguenti parole con sentita religiosità: «La luci di Déu ti paldònia lu piccatu originali e ti salvia da dugna altu piccatu.» Questa introduzione, che potrebbe essere nata dalla fantasia di chi racconta queste cose, ci introduce nel discorso del peccato originale che fu il primo peccato, anche se non è il primo in ordine di gravità, contrariamente a quanto lo scrittore Tertulliano sostenne. Egli scrisse che il peccato dipendeva dalla colpa di Adamo. Fu Sant’Agostino, però, a formulare la dottrina del peccato originale, affermando, a sua volta, che il peccato di Adamo ha corrotto radicalmente la natura umana, ma è un peccato veniale che non comporta la perdita della grazia di Dio. L’uomo non si fermò col primo peccato. Continuò a peccare con peccati sempre più gravi e numerosi. Peccò Caino e tutta la progenie adamitica. Una delle tante cause del peccato è mammona, il demone, il desiderio irrefrenabile e insaziabile della ricchezza mondana. Altro incentivo del peccato è l’egoismo: C’è gente che naviga in oceani di ricchezze, di lussi e di lussuria: non si commuove né spende un centesimo a favore di milioni e milioni di adulti e di bambini che muoiono di fame, di sete e di patologie endemiche in gironi infernali della terra. Non hanno cuore, non hanno timore di Dio né paura della morte né, tanto meno, terrore né speranza dell’aldilà. Nel mondo non c’è più un palmo di terreno sano. Le guerre, provocate soprattutto per interessi economici personali o di potenze territoriali per sete di espansionismo e di dominio. Dalla storia, dalla protostoria e persino dalla preistoria si può desumere, da pitture rupestri che i più forti, in senso fisico e autoritario hanno sempre dominato i più deboli a partire dai semidei, ai faraoni agli imperatori, ai re, ai dittatori, ai tiranni. Facevano le guerre e non c’entrava il fondamentalismo, cattolico o islamico. Il fine vero era ed è la sete irrefrenabile, di potenti uomini e di grandi potenze, d’espansionismo e di possesso di altre fonti di ricchezza e della propria sfera d’influenza personale, nazionale e internazionale. Le guerre le facevano anche per catturare combattenti avversari di cui diventavano padroni, quasi fossero capi di bestiame. Li trasformavano in ciurme di schiavi per lavori pesanti, forzati, a dorso nudo nelle triremi, sotto le scudisciate, a ritmo incalzante dei mazzuoli per sollecitarne la remata. Altri sotto il sole cocente pigiando nel fango argilla e paglia per farne mattoni. Altri ancora in piani inclinati spingevano megalitici blocchi dal peso persino di venti tonnellate su grossissimi tronchi che fungevano da ruote. Molti superavano il supplizio del mitico di Sisifo. Altri morivano impigliati, schiacciati e triturati tra i giganteschi tronchi. Morirono anche buona parte di schiavi – gladiatori, armati di rete e tridente e morivano anche gli schiavi cattivi, che di cattivo, inteso come significato attuale, attribuito all’animo all’indole: di cattivo c’era solo il significato della parola latina (captivus, prigioniero). Affrontavano belve e tori imbestialiti. Gli schiavi erano forti, ma disarmati. Solo pochi riuscirono a salvarsi. Per i primi era in gioco la vita o la morte dell’uno o dell’altro: dipendeva dal pollice verso o dal pollice recto dell’imperatore, anche e soprattutto se costui era un pazzo o un tiranno. Si soffriva e si subiva torture prima e ora. Si muore nelle miniere schiacciati da una frana o intrappolati e asfissiati all’interno o annegati per allagamento o folgorati e frantumati per lo scoppio di una bolla di grisou.. Si muore nelle fonderie, in tutti i lavori pesanti e pericolosi e, di solito non in regola. Si moriva e si muore nelle guerre e il motivo non è da ricercare solo nel fondamentalismo cattolico e islamico, c’entrano anche quelli. La ragione vera è la sete irrefrenabile d’espansionismo e d’acquisire fonti di ricchezza. Le conseguenze? Spargimento di sangue, reazioni a catena d’odio di vendette e d’altre guerre che stanno prendendo dimensioni ed effetti sempre più spaziali ed apocalittici. Ma quello che sta succedendo nella società in periodi di pace, Dio perdonaci se chiamiamo pace la guerra l’uomo (ognuno di noi!) fa contro la propria coscienza. Non sarebbe giusto disgustare chi legge questo articolo, ripagando male l’ospitalità offertami per pubblicarmelo, se continuassi a elencare tutti gli errori e gli orrori, oltre a quelli su elencati, che stanno accadendo e che sono sotto gli occhi di tutti. Concludo rivolgendo una preghiera col cuore a Dio, se mi riterrà degno, di perdonarci tutti e soprattutto i maggiori responsabili perché non sanno il male che hanno e si hanno fatto. (Maggio 2010)