La borsa
di Luigi Ladu

 

 

 

(da Pitzinnos minores - Reminiscenze d’infanzia)


Tzia Frantzisca era in attesa del settimo figlio. Negli anni precedenti aveva avuto alcuni aborti naturali e per di più un difficilissimo parto, conclusosi con la morte del nascituro, pertanto gli adulti, se pur fiduciosi, facevano respirare a tutti un clima familiare sicuramente pesante, quindi si affrontavano le giornate con preoccupazione.
Più disinvolti e tranquilli erano i più piccoli, inconsapevoli delle difficoltà oggettive.
Considerati i fatti, e le comprensibili emozioni, i preparativi in quella circostanza erano molto accurati e scrupolosi. Chi con apprensione e chi con leggerezza (i minori), ma tutta la famiglia si sentiva coinvolta per il nuovo evento.
Luisa, una splendida e bella ragazza, era andata per quel periodo in aiuto a casa di tzia Frantzisca, consapevole del fatto che, la presenza di una donna attiva e valida come lei, era sicuramente necessaria se non indispensabile.
Era una delle tante nipoti di tziu Badore, con lei vi era un rapporto veramente speciale e raro, grazie ai suoi modi cordiali e gentili, ma anche, per la grande disponibilità nei confronti dell’intera famiglia.
Una donna che sapeva sopperire in modo esemplare alle necessità della partoriente, e confortare a adeguatamente l’intera famiglia.
Si occupava di tutto. Dalla pulizia dell’abitazione, al supporto per i fanciulli, quasi tutti piccoli, questo, senza far mai mancare le giuste e affettuose attenzioni a tzia Frantzisca.
Si avvicinava il giorno fatidico e Luiseddu, con fratelli e sorelle, erano impazienti, fantasticavano in continuazione il momento fatidico dell’evento.
Erano in tanti, non solo i bambini, a fremere, malgrado la famiglia, già di per se fosse numerosa, l’arrivo di un nuovo congiunto li rendeva vivaci, ansiosi. Vogliosi di sapere se da lì a qualche giorno, avrebbero avuto un’altra sorellina o magari un fratellino.
Lia e Bernardina, si attendevano una femminuccia, mentre Mario, Gonario, Luiseddu e Piero non vedevano l’ora di abbracciare l’ennesimo maschietto che, secondo loro, in futuro, sarebbe stato il quinto pilastro della casa. Così, anche lui, avrebbe cooperato e contribuito attivamente al mantenimento della famiglia, ma forse, era semplicemente la voglia di un nuovo compagno di giochi.
Era una bellissima giornata, un clima familiare effettivamente splendido, ma ecco che, tzia Frantzisca richiamò l’attenzione su di se. Si sentiva molto male, i dolori si facevano sempre più acuti e frequenti.
Tziu Badore, che per l’occasione, era rimasto a casa, chiedendo alcuni giorni di permesso al proprio datore di lavoro, cominciava a essere irrequieto e a preoccuparsi.
Le preoccupazioni erano fondate. Il pensiero andava al parto precedente, che malgrado si fosse svolto in ospedale con taglio cesareo avvenne con notevoli difficoltà, tanto che, oltre a rischiare lei stessa, il nascituro, come accennato in precedenza, perse la vita.
Al momento, tutto era tranquillo, quindi il parto sarebbe avvenuto a casa propria, ma con le giuste precauzioni, non scordando neanche per un minuto la triste e tragica esperienza antecedente.
“Forse è meglio chiamare l’ostetrica – sostenne il capo famiglia – Non dobbiamo perdere tempo”.
“Tziu Badò, avete ragione – replicò Luisa – Penso proprio di sì, secondo me sta per partorire, mi pare che abbia già le doglie”.
Detto fatto, mandarono qualcuno a chiamare sa mastra ‘e partu , che non abitava tanto vicino e occorreva recarsi a piedi, e poiché, in famiglia, non avevano mezzi di locomozione, bisognava andarci con rapidità.
L’attesa era frenetica, i bambini erano indaffarati in un continuo via vai, tra un piccolo patio e la stanza che ospitava tzia Frantzisca.
Luisa, costantemente premurosa, non permetteva che alcuno arrecasse disturbo alla donna.
Improvvisamente, sentirono arrivare qualcuno. Si diressero verso le scale del cortile che portavano alla porta d’ingresso, e vi apparve come una santa, una donna, alta e ben determinata nei movimenti, era sa mastra e partu.
I ragazzi, quasi attoniti, si soffermarono davanti alla figura ben risoluta, ma distinta, di quella donna che portava con sé un’enorme borsa.
“Dovè? La femmina in stato di gravidanza”. Questo è quanto disse, che senza un minimo di esitazione.
La signora, continuò nella sua decisa camminata all’interno del piccolo cortile, seguendo un percorso immaginario.
“Deve salire le scale – disse Luisa, indicandole una rudimentale scalinata – è al piano di sopra”.
La levatrice, si diresse verso quei gradini e con rapidità li percorse uno dopo l’altro, con al suo seguito, la carovana dei ragazzi incuriositi.
La porta della stanza era semi-aperta, e quindi, entrò direttamente senza incertezza. Si rigirò all’indietro e rivolgendosi a tziu Badore, disse: “Non voglio nessun altro oltre a lei. Dica loro che rimangano al di fuori e in silenzio”. Di conseguenza, ne seguì l’invito dell’uomo al rispetto degli ordini.
Dall’esterno si ascoltavano i commenti provenienti dalla camera da letto ma, poco riuscivano a capire, pareva un continuo bisbiglio.
Tziu Badore, subito dopo, si affacciò in quella porta, sembrava accaldato e sudato e rivolgendosi direttamente a Luisa disse: “Pro piachere, pone una padedha de abba a caentare e prepara una bagnaroledha netta pro che pònnere s’abba” .
La ragazza, cercò in cucina tra le poche stoviglie presenti una pentola. Dopo averla accuratamente rilavata, la riempì per metà d’acqua e la mise a riscaldare in uno dei fornelli.
Immediatamente appresso prese una vecchia bagnarola zincata di forma ovale, e dopo averle dato, una buona e accurata pulizia, la tenne pronta.
Subito dopo, ritornò dai ragazzi che erano in attesa, tra il pianerottolo e la rampata di scale, in curiosa conversazione, sul nuovo evento che si stava compiendo.
A un tratto, un rumore interruppe il bisbigliare. Dalla porta accanto si sentii un gemito, con il consueto pianto del neonato.
“L’ho sentito – affermò, immediatamente Luisa – è nato! che bello è nato!”.
In quell’attimo, si aprì leggermente la porta e apparve tziu Badore con gli occhi lucidi, sembrava sconvolto ma felice, si rivolse direttamente alla nipote: “Luì, per cortesia porta quella bagnarola con l’acqua calda che hai preparato. Il bimbo, un bel maschietto, è venuto al mondo felicemente e, occorre lavarlo per bene”.
La solerte ragazza, fece immediatamente quanto detto dallo zio, e dopo un attimo, riuscì ad accedere all’interno della camera, per cooperare insieme all’ostetrica alle delicate operazioni di pulizia del nuovo nato.
Passò qualche minuto, e Luisa riapparve, uscì con un viso stupendo e radiante, felice di aver partecipato almeno alla parte finale di quell’emozionante e meraviglioso evento.
Appresso, venne fuori l’ostetrica, che ancora dinanzi alla porta, raccomandava a tziu Badore, rimasto al suo interno, di rispettare puntualmente e scrupolosamente alcune sue avvertenze espresse qualche attimo prima.
“Stia tranquilla, sarò meticoloso e sarà fatto come dice lei, – L’uomo cercò di rassicurarla, mentre si apprestò a uscire per salutarla con una forte stretta di mano, e continuò – Grazie di cuore per quanto ha fatto signora”.
Sa mastra e partu, accompagnata da Luisa e Lia (la maggiore delle femminucce), si avviò verso i gradini delle scale, con nella mano destra la solita borsa.
Intanto tziu Badore, soltanto per pochi secondi, a uno a uno, fece entrare i bambini, raccomandando loro di fare silenzio, per non affaticare la mamma e disturbare il neonato.
Da lì a poco, si era tutti nuovamente fuori e felici, che si chiacchierava sul nuovo avvenimento, finchè a un certo punto, Luisa, richiamò intorno a se l’attenzione dei fanciulli: “Avete visto quella borsa, che sa mastra ‘e partu aveva in mano, quando è arrivata?
Tutti, si guardarono attorno, in segno di assenso, e insieme in maniera unanime, le risposero affermativamente.

“Bene, – continuò Luisa – nella borsa di quella donna vi era il neonato, avete potuto notare al suo arrivo quanto era gonfia, e poi, si vedeva in modo vistoso da come la trasportava che, era veramente pesante”.
Si riguardarono uno per uno, con comprensibile meraviglia e viso sbigottito. “Stai dicendo sul serio? davvero? Era all’interno della grossa valigia?” esterrefatto, esclamò Luiseddu, con la collaborazione e complicità di tutti i presenti.
“Certo, era sicuramente dentro la borsa, – replicò la convincente Luisa – Se avete ben osservato, all’uscita, era quasi sgonfia, evidente che, all’interno, prima vi era custodito il bambino”.
I ragazzi, rimasero inizialmente perplessi, ma il modo di proporsi coinvolgente, e la sicurezza della ragazza, pian-piano, li rese consapevoli e convinti che, effettivamente quel borsone, all’uscita dell’ostetrica, era decisamente meno gonfio.
Tutti sembravano convinti che, dall’interno di quella preziosa borsa, fosse venuto al mondo, il nuovo fratellino venne chiamato Antonio.

 

COSTANTINO LONGU FRANCESCHINO SATTA POESIAS SARDAS CONTOS POESIE IN LINGUA ITALIANA